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Il dovere dell’ascolto e gli abusi veri e falsi

Da parte di un cristiano, ma anche da parte dell’uomo laico, penso ci debba essere una disponibilità di ascolto anche nei confronti di chi ha sbagliato. Credo che questo ascolto sia ben esemplificato, e sperimentato da chi la amministra, nella confessione.

Per molti di noi, penso che un passo iniziale possa essere il continuare a considerare essere umani anche coloro che si sono macchiati di crimini. In alcuni casi mi sembra impossibile, in altri casi non è tanto difficile fare uno sforzo, in altri è semplice e riusciamo quasi a simpatizzare per la vita disgraziata che ha portato a certi esiti.

Ma, prima di questo, credo ci sia uno sforzo – almeno per me -non meno faticoso. E’quello di prendere in considerazione la possibilità dell’innocenza, o, anzi, molto meno, essere disposti a capire i fatti, ad ascoltare l’altra versione della storia.

Grazie a Pietro Bono seguo occasionalmente alcuni siti (i link dal suo blog), che, in maniera più o meno completa, ma spesso convincente, seguono il fenomeno dei falsi abusi.

Si tratta di un tema talmente sconvolgente, a cominciare dalle accuse, che la tentazione di guardare dall’altra parte è fortissima. Mi domando se magari non aiuteranno anche solo involontariamente dei criminali. Il desiderio più forte è quello di non sapere, di non entrare in un campo melmoso, difficile, senza santi né eroi (salvo i bambini), dove le vittime e i carnefici non si capisce spesso (e soprattutto a priori) da che parte stanno (salvo di nuovo i bambini).

Sento palpabile la paura di credere ad una versione dei fatti, contraria a quella dei media e a volta anche dei tribunali, per poi scoprire di essersi schierati colpevolmente male. Sento il peso di scoprire -almeno potenzialmente – quanto è poco rassicurante la nostra società, a volte proprio nelle istituzioni che la sicurezza degli innocenti dovrebbero garantire.

Trovo convincenti molte argomentazioni di quei tre siti (assurdo il ruolo di vari “consulenti”), ma non è quello che mi interessa. Riconosco piuttosto il dovere – non su tutto, ma almeno su una piccola parte – di ascoltare (leggere) e cercare di capire. Avevo avuto la stessa sensazione davanti ad un post di Terry sull’aborto: non voglio sapere, è troppo orribile, prima ancora di sapere se è vero o no.

Non credo che ci si possa fare carico di tutto, ma un po’sì: perché ci sono voci che chiedono giustizia. Quella umana la possono trovare solo se le persone di buona volontà le ascoltarno.

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Infestante e da non divulgare quello che non è politically correct

Ho seguito con un certo interesse le ultime battute della discussione sul blog di Claudio Risè a proposito della canzone “Luca era gay”. Sarei intervenuto, dopo gli interventi di Luigi D’Elia (coautore di un articolo con Piera Serra e Lorita Tinelli sulla canzone, che ho già avuto modo di criticare), ma Pietro Bono e Armando hanno messo bene in luce i limiti del suo intervento, anche se ovviamente molto altro vi sarebbe da dire.

Alcune parole però del commento di D’Elia mi hanno fatto rizzare i capelli: “smarcamento da precedenti e vetuste visioni colpevolistiche, deterministiche, medicalistiche, moralistiche, nell’orientamento sessuale “. Nell’articolo originale, la frase era più complessa “le teorie sulla psicopatogenesi familiare dell’omosessualità che alcune scuole di psicologia hanno in passato coniato e che, come comunità scientifica, abbiamo consentito per alcuni decenni venissero divulgate infestando la cultura, contribuendo al pregiudizio negativo nei confronti di gay e lesbiche, screditando le loro madri e i loro padri”.

C’è un primo livello di lettura. Questo livello di lettura fa riflettere perché dopo la canzone di Povia mi sono fatto un giretto e ho trovato, per esempio, che l’Associazione dei Medici Cattolici americani ha proprio la posizione che avrebbe” infestato” la cultura. Non mi sembra da questa e altre letture che la teoria della genesi familiare dell’omosessualità sia poi così screditata ed abbandonata, visto che affonda le sue radici nella psicanalisi (ma avevo già capito che questi psicologi con la psicanalisi, con l’inconscio, con Freud e Jung non vanno per niente d’accordo). Dunque, mi colpisce che si fa passare, anche questa volta, per “pensiero unico” qualcosa che pensiero unico non è per niente (sempre a danno di posizione cattoliche, s’intende).

Ma quello che mi fa rizzare veramente i capelli è questo: “abbiamo consentito…che venissero divulgate“. Cioè queste teorie non dovevano e non devono neanche essere divulgate (bruciando i testi esistenti, immagino), in quanto vetuste ora e, se non dovevano essere neppure divulgate, evidentemente sbagliate fin dall’inizio (perché non è dato capire).

Perché ho questa preoccupazione? Perché Lorita Tinelli ha già chiarito che lo psicologo che propone terapie con “riferimenti teorici inesistenti o poco plausibili rispetto a teorie psicologiche, assente o insufficiente documentazione della loro utilità ed efficacia” (tralasciando ovviamente che la documentazione di tanti approcci che vanno per la maggiore, a quanto leggo, non ci sono) è un ciarlatano iscritto all’ordine e fa psicoterapia folle. I luoghi dove si fa psicoterapia folle sono psicosette. Il rogo mediatico e il tribunale sembrano già pronti.

Prenderei queste cose alla leggera, se non avessi vissuto la storia di Arkeon,. Per questo, non prendo il bollare certe teorie dell’omosessualità come “vetuste”, “infestanti” e “non divulgabili” come fare opinione alla moda. Mi suonano come accertamenti di pensiero eretico, che è il primo passo verso l’iter che noi di Arkeon abbiamo conosciuto così bene. Fa bene Armando a parlare di anticamera di totalitarismo, perché il prossimo passo è la censura a Povia (poco male, se vogliamo) e l’intervento contro chi pretende di avere, a ragione o torto, una visione diversa dell’omosessualità e della sua genesi.

Ma, ed è quello che mi preoccupa di più, sembra esserci un attacco frontale alla ricerca psicologica, o interiore, che cerca le radici del presente nel passato, nella famiglia, solo perché – pare – questo può portare alla colpevolizzazione dei genitori. E questa sembra una grossa limitazione.

Che diventa ancora più inquietante quando si mette in discussione persino la divulgazione delle teorie che non paiono politically correct.

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Laureati non temete: il cervello è al sicuro

Potete stare tranquilli. Trarre un bel sospiro di sollievo.

Leggendo i giornali negli ultimi tempi, forse a qualcuno è sorta una paura. Forse siete laureati, con un po’di soldi da parte, persino adulti e magari l’idea di migliorare la condizione psichica o fisica non vi dispiace. Stando ad articoli di stampa recenti (articoli gemelli sul Repubblichiere), avevate buone probabilità di finire da un giorno all’altro in psico-sette capaci di “provocare una completa destrutturazione mentale negli adepti, conducendoli spesso alla follia e alla rovina”.

Tra l’altro con un milione e mezzo di persone già coinvolte, più di un italiano su sessanta, vi poteva sembrare probabile che un Visitor, dal cervello destrutturato, nascosto tra parenti, amici o colleghi, fosse pronto a carpirvi.

Come dicevo, potete tirare un sospiro di sollievo. Prima di tutto, la studiosa Raffaella Di Marzio, parlando del documento del 1998 su cui tutto questo si basa, ha detto che i dati alla base dello stesso erano completamente inattendibili. Forse non ci sono Visitor tra colleghi, amici e parenti. E’ già una cosa positiva, già un primo momento di sollievo.

Pietro Bono ha poi messo insieme, per la comodità dei pigri come me, tutta una serie di riferimenti che fanno capire che la teoria del lavaggio del cervello, comunque ricondita, è un po’come la teoria degli UFO. Forse esistono ma nessuno li ha visti.

Poi certo, quando i gruppi hanno certi nomi che neanche pronuncio, non è che ci si può aspettare che siano un gruppo catechetico. Alcune rare situazioni sono davvero pericolose e vanno investigate.

Ma sono fenomeni rarissimi. Il resto è libera scelta. Quindi, non c’è da temere di finire in questi strani gruppi (che, per intenderci a vedere certi siti, sono anche l’Opus Dei, il Cammino Neocatecumenale, le suore di Madre Teresa, ecc.) più che di giocarsi il tutto per tutto alla roulette, al lotto o di comprarsi la BMW quando non si ha una lira.

In conclusione, ci si può rilassare. Almeno fino al prossimo allarme.

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