“E ‘evidente che abbiamo bisogno di fare dei veri progressi contro gli elementi trainanti di questa epidemia [Ndr, quella dell’AIDS], in particolare la disuguaglianza dei generi, la stigmatizzazione e la discriminazione [Ndr, di sieropositivi e ammalati], la povertà, e l’incapacità di attuare e proteggere i diritti umani. Questa è forse la sfida più grande per rispondere all’AIDS. Non ci può essere una soluzione tecnologica per le questioni sociali. Abbiamo bisogno di un cambiamento sociale – e tutti noi che lottiamo contro l’AIDS dobbiamo essere disposti a sostenere questo cambiamento. Sono sempre più convinto che da sola, l’espansione dei programmi, o fare di più, anche molto di più, non fermerà l’epidemia”
Forse dall’assenza della parola preservativo, avrete capito che chi parla non è il Papa, ma il Direttore del Joint United Nations Programme on HIV/AIDS (UNAIDS), il programma delle Nazioni Unite contro l’AIDS, Peter Piot, nel 2006.
Mi sembra di non azzardarmi troppo nel dire che, come il Papa, anche Piot pensa che non basta aumentare i programmi (i soldi comunque non sufficienti di cui ha parlato il Papa), ma che bisogna lavorare sugli elementi trainanti (il Papa ha parlato, in maniera più pregnante, di anima). Per programmi credo che si intenda anche la distribuzione di preservativi.
Lo stigma e la discriminazione di sieropositivi ed ammalati di Piot mi sembrano gli aspetti cui il Papa vorrebbe oppporre una “vera amicizia anche e soprattutto per le persone sofferenti“. Dietro la diseguaglianza dei generi, come soluzione, vedo chiaramente le parole del Papa “umanizzazione della sessualità, cioè un rinnovo spirituale e umano che porti con sé un nuovo modo di comportarsi l’uno con l’altro“, con la differenza che il discorso del Papa è più profondo. Mi sembra, fra l’altro, questo tema dell’umanizzazione della sessualità, del “dare forza spirituale e umana per un comportamento giusto nei confronti del proprio corpo e di quello dell’altro” sia di grande attualità anche da noi.
A parte l’importanza del ruolo della Chiesa cattolica, tra i due, resta una frase problematica pronunciata dal Papa “se gli africani non aiutano (impegnando la responsabilità personale), non si può superarlo con la distribuzione di preservativi: al contrario, aumentano il problema”. Qui c’è un evidente contrasto con quanto afferma la citata UNAIDS, perché quest’ultima dice chiaramente che i preservativi funzionano anche se altrettanto chiaramente dice che devono essere incorporati in una strategia complessiva, e che altri elementi hanno un ruolo.
Sempre UNAIDS, infatti, parla dell’ABC (Astinenza, cioè evitare i più giovani ad avere rapporti sessuali solo quando sono emotivamente pronti ad affrontarli; Being faithful, cioè essere fedeli; Condom preservativi), cosa che – salvo i condom – di nuovo ci porta vicino a quanto dice il Papa.
Mi sembra quindi che ci sia un certo consenso che distribuire i preservativi da solo non funziona, anche perché essi prevengono l’AIDS solo se usati costantemente.
Non ho trovato che i preservativi aumentano il problema, questo no (anche se ho cercato poco) e continuo a pensare che, anche se risolvessero solo parte del problema, varrebbe comunque la pena promuoverne l’uso. Ma non riesco a non essere d’accordo con il Papa, come del resto con le fonti che ho visto, che il problema è, anche solo dal punto di vista pratico, più profondo. Anche con i preservativi, il vero lavoro è dare alle persone la forza psichica di usarli.
Dalla polemica di questi giorni, mi viene però il dubbio che si stia parlando (anche) d’altro.
Ho letto che sarebbero i giornalisti anglosassoni per alcune questioni legate all’Africa ad avercela con il Papa. Può darsi, la stampa inglese ed americana, in buona parte, è contro i papisti e il cattolicesimo quasi da sempre, in un modo a volte irritante.
Però sospetto che la vera discussione sia sull’approccio al sesso nella nostra società, non in quella africana. Sospetto che il timore sia parlare di astinenza (che poi vuol dire avere i primi rapporti sessuali più tardi) e fedeltà, o meglio di avere un diverso rapporto con il sesso, non agli africani, ma qui da noi – in Italia ed Europa. Anche in Italia si propongono programmi ABC, ma continua a sembrarmi un discorso controcorrente.
E con questo -a quello che so oggi – sono per il preservativo, quando serve, e per le campagne che lo propongono se è utile. Servisse a salvare anche una sola persona.
Ecco comunque sotto il testo dello scandalo. Sotto la parte clou.
“Domanda – Santità, tra i molti mali che travagliano l’Africa, vi è anche e in particolare quello della diffusione dell’Aids. La posizione della Chiesa cattolica sul modo di lottare contro di esso viene spesso considerata non realistica e non efficace. Lei affronterà questo tema, durante il viaggio?
Papa – Io direi il contrario: penso che la realtà più efficiente, più presente sul fronte della lotta contro l’Aids sia proprio la Chiesa cattolica, con i suoi movimenti, con le sue diverse realtà. Penso alla Comunità di Sant’Egidio che fa tanto, visibilmente e anche invisibilmente, per la lotta contro l’Aids, ai Camilliani, a tante altre cose, a tutte le Suore che sono a disposizione dei malati … Direi che non si può superare questo problema dell’Aids solo con soldi, pur necessari, ma se non c’è l’anima, se gli africani non aiutano (impegnando la responsabilità personale), non si può superarlo con la distribuzione di preservativi: al contrario, aumentano il problema. La soluzione può essere solo duplice: la prima, una umanizzazione della sessualità, cioè un rinnovo spirituale e umano che porti con sé un nuovo modo di comportarsi l’uno con l’altro; la seconda, una vera amicizia anche e soprattutto per le persone sofferenti, la disponibilità, anche con sacrifici, con rinunce personali, ad essere con i sofferenti. E questi sono i fattori che aiutano e che portano visibili progressi. Perciò, direi questa nostra duplice forza di rinnovare l’uomo interiormente, di dare forza spirituale e umana per un comportamento giusto nei confronti del proprio corpo e di quello dell’altro, e questa capacità di soffrire con i sofferenti, di rimanere presente nelle situazioni di prova. Mi sembra che questa sia la giusta risposta, e la Chiesa fa questo e così offre un contributo grandissimo ed importante. Ringraziamo tutti coloro che lo fanno.”