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Silvio Berlusconi, le poste e il punto di rottura

Non sono mai stato un fan di Silvio Berlusconi. Prima ancora di quanto ha fatto come premier, penso che abbia danneggiato l’Italia con le sue televisioni. Quindi, spesso, mi trovavo a dirmi:-“Berlusconi basta!”.

Poi, come oggi, capitavo in posta. Hanno introdotto i numerini, ma gli amici degli impiegati passano avanti lo stesso. Siamo in dieci ad aspettare ma l’impiegato (non tutti sono così, ma specie i famosi giovani spesso sì) ha altro da fare, gira, si alza, fa. La collega ha voglia di fare la spiritosa, sbaglia i moduli allegramente. Mi ritrovo ad aiutare un indiano che altrimenti starebbe ancora là perché spiegargli come si scrive su una busta è troppa fatica. Non è neanche tutta colpa dei singoli impiegati: è l’andazzo, il clima generale, l’incapacità di capire che le persone hanno altro – magari vitale – da fare oltre che far la coda in posta, che a volte diventa l’arroganza del piccolo posto di potere.

Ogni tanto sento strombazzare i risultati delle poste come banca. Vedo anche che, tra DVD, libri e cartoleria, manca solo la frutta e verdura per far concorrenza all’Esselunga (le poste vendono anche i frigoriferi mi pare). Come al solito, tutti i giornali entusiasti. Io condivido poco perché sono rimasto al tempo in cui le poste si occupavano di lettere, raccomandate e di quelle operazioni finanziarie su cui avevano il monopolio (bollettini, ecc). Come utente e cittadino, avrei immaginato che le poste avrebbero dovuto migliorare da quel punto di vista. Dovranno, ammetto, far cassa perché quei servizi di base non sono redditizi; ma, per me, o fanno quello che serve alla società e possono fare solo loro, o tanto vale chiuderle. Diversificare nella vendita dei bomboloni caldi o dei cocchi freschi magari sarà vincente, ma non riesco a capire cosa c’entra con un servizio pubblico.

Quindi a me le poste fanno allergia. E mi fanno ritornare alla destra (anche se ormai voto poco). Anche perché penso che le poste forniscano un serbatoio di voti a favore dell’impiego pubblico in senso anti-meritocratico e anti-privato che danneggia globalmente il paese. Insomma, un giro in posta e tornavo a Berlusconi come meno peggio.

Ma la vicenda Boffo ha cambiato le carte in tavola. Non entro nel merito, almeno questa volta. Però è un modo di gestire il rapporto con la critica, con l’avvertimento non tanto velato che dopo Boffo ci possono essere pesci più grossi (penso alle gerarchie, ai vescovi, e, perchè no, anche i cardinali), che magari oltre Tevere qualcuno ha apprezzato, ma per me è inaccettabile.

Forse dal non votare passerò, almeno per un po’ e lontano dall’urna, all’opposizione come meno peggio.

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